Antropo-paesaggi

Dal 21/11/19 al 05/12/19 – Studio Mjras

Per il ciclo di eventi “Le trame del progetto”, l’associazione culturale Fedora Urbino propone una mostra dedicata a Renato Bruscaglia e l’intervento di Riccardo Tonti Bandini, docente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino.

Giovedì 21 novembre, alle ore 21, negli spazi dello Studio Mjras a Urbino, in via Tomassini 7/A (vicino al Punto Verde), sarà inaugurata la mostra “Antropo-paesaggi” dedicata all’artista urbinate, allievo di Leonardo Castellani, scomparso nel 1999. Il professor Riccardo Tonti Bandini, docente di Calcografia all’Accademia di Belle Arti di Urbino, presenterà la nuova edizione del testo “Incisione calcografica e stampa originale d’arte. Materiali, procedimenti, segni grafici” di Renato Bruscaglia (1921-1999).

 

“La terra rappresenta per l’uomo l’inizio e la fine, racchiude la realtà e il sogno, si offre ai suoi amanti e si nega in un gioco continuo di abbandoni e di conquiste. La terra è il lavoro e il riposo e quando si configura come paesaggio è desiderio, irraggiungibile ma appagante. In quanto desiderio il paesaggio è donna, donna che incarna il desiderio. Il paesaggio si scopre con la luce: lo stesso paesaggio riveste molti abiti, bianco all’alba, senza ombre a mezzogiorno, rivestito di rosso sangue al tramonto, fumante con le nebbie d’autunno, disegnato dalla neve. 
Bruscaglia ha svolto una ricerca su questo tema che risulta esemplare per comprendere il suo modo di procedere per la realizzazione delle acqueforti. Dapprima ci sono appunti abbozzati a penna o scritti fra le pagine del diario, poi si realizzano acquerelli con il segno veloce del pennello intriso del colore ad acqua, infine nascono le acqueforti dal lento operare della mano sulla matrice di metallo in collaborazione con la punta e l’acido, per raggiungere gli effetti di ombra e di luce nella stampa su carta.
L’antropo-paesaggio rappresenta la doppia anima di Renato Bruscaglia quella lirica/contemplativa e quella prosaica/carnale. La collina o le colline, viste in lontananza – fondamentale è la distanza – racchiudono le forme del corpo femminile, un corpo teso, avviluppato su se stesso che interpreta le macchie, i terreni arati, i corsi d’acqua, le zone sassose, tutte rese con il segno fremente della punta, pronta ad ogni gesto della mano a sollevare la cera che ricopre la lastra perché l’acido possa lavorare il metallo.
L’arte imita la natura, ma essendo il suo doppio allo stesso tempo la tradisce, la inganna. Bruscaglia ci attrae con i suoi paesaggi, ci sembra, a volte, di ritrovare le rassicuranti note di un luogo noto e amabile come quello natale, ma, fissando lo sguardo, escono le inquietanti movenze di un corpo, la natura è una donna che come le antiche sibille o maghe gigantesche escono allo scoperto dalle loro grotte per ribadire che la natura appartiene loro, che solo temporaneamente può essere concessa e condivisa con l’uomo.” (Silvia Cuppini)