Renato Bruscaglia incisore di Andrea Emiliani
Da Vivarte Anno II n.4 Dicembre 2008 – Periodico semestrale dell’Associazione culturale “L’Arte in Arte” Urbino
La vita artistica di Renato Bruscaglia non si lascia chiudere dentro un agevole paradigma critico, dove riepilogare la sostanziale qualità e l’ampiezza dei caratteri peculiari del suo mondo espressivo.Il fatto è che egli ha adottato una volontà d’arte, si direbbe una Kunstwollen, di complessa costituzione. Intanto la sua vocazione alla figuratività si è avvalsa fin dalle origini d’una spiccata e addirittura assoluta predilezione per la calcografia.
Nel prescegliere quel vettore, e cioè l’uso dell’acquaforte, Bruscaglia ha deciso di ritagliare nel corpo stesso della disciplina grafica artistica, che già non è molto vasta, un ambito talmente specialistico e dotato di caratteri forti, decisamente intellettuali.
La prima formazione di Bruscaglia deriva da un laboratorio scolastico di elevata qualità, guidato dagli anni della Guerra da Francesco Carnevali, artista e scrittore, che ha vissuto per decenni la vita e la ridotta, spesso preziosa, fortuna della Scuola d’Arte di Urbino. Nella disciplina dell’incisione Bruscaglia si è inoltrato con la cordiale amicizia di Leonardo Castellani, e già
nell’immediato dopoguerra la sua formazione poteva dirsi conclusa.
L’evoluzione artistica si presta ad alcune periodizzazioni che, pur articolandosi sulla costante tematica del paesaggio, decisamente prevalente nell’arco della sua intera opera, scandiscono tempi e peculiarità di stile scalati secondo variazioni sensibili; insieme consentono interpretazioni connesse anche a eventi e a ragioni di vita. Una prima stagione è certo quella che si distende, con qualche discontinuità, tra la fine della guerra e l’inizio degli anni ’50. Da questi ultimi in poi, decorre un periodo improntato generalmente a una marcata esperienza di immersione naturalistica che copre l’intero decennio. Come si dirà, la struttura globale dell’invenzione cresceva accanto all’evidente autorevolezza dell’assetto immaginativo di tipo morandiano: nel contempo Bruscaglia veniva elaborando varianti che concludevano progressivamente in uno sganciamento del gesto incisorio, della maglia grafica, dal sistema incrociato del maestro di Bologna, come anche dal tocco più impressionistico ereditato da Castellani.
A cavaliere tra gli anni ’50 e il nuovo decennio ’60 si avvertono sintomi sottolineati di disagio espressivo, parte consistente dei quali assale la forma della veduta e dello specchio paesistico, agitandone il breve palcoscenico e in certo qual modo rimuovendo da quella serenità dello spirito narrativo, quasi elzeviristico, certezze di natura accostabile, di visualità acquisite nella elementare misura del riflesso. Il periodo più risentito di elaborazione della forma è certamente compreso tra il 1965 circa e il 1980, dotato di una produttività artistica attestata sul piano d’una innovazione continua di acqueforti molto selezionate e decisamente innovative.
L’ultima fase, infine, che p soprattutto quella che si distende dal 1980 all’incirca fino alla sua scomparsa, offre all’osservazione una mutata dimensione espressiva. Il segno appare fermo e d’una sottigliezza grafica immediata, talora lancinante. Nonostante la ben percepibile inquietudine, Sotto il profilo tecnico, l’acquaforte di Bruscaglia, priva ormai di precedenti come anche di imitatori, si impone quale risultato d’una lunga, solitaria analisi storica.
Il percorso spirituale di Bruscaglia ha compiuto un’evoluzione che dal conoscibile naturalistico è transitata presto subito dopo il ’60, attraverso una prolungata esperienza – e si direbbe con un forte raffinamento delle sue doti intellettuali – verso una realtà di valori altamente simbolici; e ciò senza che la dimensione conoscibile venisse diminuita oppure portata ai possibili livelli di astrazione. La quota simbolica della forma-paesaggio poggia sul naturale e sul soggetto, a differenza di altre espressioni o contenuti dell’arte specie novecentesca.
La forma del paesaggio, inteso tutto insieme come luogo e come sentimento, e dunque come ambiente denso di riflessi e di rispecchiamenti, è destinata a durare ancora a lungo. Non c’è dispersione allegorica dell’acquaforte matura, bensì un’accentuazione disperata del dramma espressivo all’interno di un realismo fitto di identificazioni e di realtà. La sua verità afferma che il mondo della bellezza, della forma storica sospesa nella luce dell’orizzonte e aggredita dall’ombra della valle nuda in cui ci troviamo a giacere, la sera, resiste in alto nell’infinito dell’orizzonte. Una stella brilla nell’oscurità traslucida della volta celeste, al di sopra della nera forma della montagna. Eppure la nostra condizione terrena è ormai affondata nella dissoluzione. Rimane intera, ineludibile ad ogni sguardo gettato attorno, la forma vitale, una sorta di diagramma visivo, l’evidenza del paesaggio. Tutta la vita e l’intera attività di Renato Bruscaglia hanno fatto di questa entità umanistica inestinguibile, il paese e la sua forma poetica, il segno della volontà figurativa: che tuttavia non è consolatoria così come non consente la modestia di un’arcadia ricorrente e gratificante. Al contrario, è volontà esacerbata dalla serie delle reazioni che appaiono sul diagramma, provocate dal contrasto tra visione poetica e la difficoltà della condizione dell’uomo.